IL
CAPPOTTO DI BACON
“Il corpo è Figura, non struttura.
Inversamente la Figura, essendo corpo, non è
volto e neanche ha volto. Essa ha però una
testa, perché la testa è parte integrante
del corpo. Può addirittura ridursi alla
testa. Come ritrattista Bacon è un pittore
di teste, non di volti. Tra le due cose c’è
una grande differenza. Poiché il volto è
un’organizzazione spaziale strutturata che
riveste la testa, mentre la testa è
un’appendice del corpo, benché ne sia la
cuspide. … Come ritrattista Bacon insegue
dunque un progetto molto speciale: disfare
il volto, ritrovare o fare emergere la testa
sotto il volto.”
Da “Francis Bacon, Logica della sensazione”
Gilles Deleuze 1995
“Attraverso l’immagine fotografica mi
ritrovo a vagare dentro all’immagine e a
estrarne quella che ritengo sia la sua
realtà più di quanto mi sia possibile
semplicemente guardando a quella realà. E le
fotografie non sono solo punti di
riferimento; spesso funzionano come
detonatori di idee”.
Francis Bacon
La performance “Il cappotto di Bacon” è un
omaggio all’artista che mi ha ossessionato
fin da bambina , avevo trovato un vecchio
cappotto anni 60 nella spazzatura e mio
figlio mi dice: “guarda mamma sembrano
fette di prosciutto”. Rivolgendosi alle
macchie rossastre del tessuto… me ne
innamorai subito, dissi: “Bacon! si
prosciutto in inglese suona ‘Bacon’”.
Così mi chiusi in studio e cominciai il mio
lavoro sul cappotto di Bacon.
Le dilatazioni della figura, la tensione
esasperata portata fino allo strappo, al
deforme. Erano gli esercizi quotidiani che
tentavo di fare col corpo, per essere il
ritratto di Bacon, di Francis Bacon.
O un ritratto di bacon …di proscutto.
Lavoravo alla mia serie “pietà per i piccoli
animali ed anche per noi” e in effetti
pensai che un maiale scannato diventa un
prodotto politicamente corretto sulle tavole
di tutti gli occidentali, un prodotto
garbato che dietro il suo aspetto
rasserenante, cela un “carnaio” degno di
Francis Bacon.
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